Una volta evidenziate con esattezza le zone in cui avviene il russamento, il chirurgo deve ampliare la cavità naturali e modularle in modo che l’aria non provochi rumori al suo passaggio e nello stesso tempo vengano mantenute le funzioni naturali deposte alle zone operate.

L’esempio classico per spiegare questa necessità di non stravolgere le normali funzioni d’organo è la complicanza più frequente, che si riscontra dopo alcuni interventi sul palato o sull’ugola, allorquando il paziente ha difficoltà, spesso temporanee, in alcuni atti deglutitori con passaggio di cibi o acqua nelle cavità retronasali o nasali, perché l’intervento ha limitato la possibilità del palato di chiudersi al passaggio del bolo alimentare.

La parole d’ordine in questo tipo di chirurgia, il cui obbiettivo è spesso frutto di delicati equilibri funzionali, sono quindi la:

  • sicurezza del risultato immediato in assenza assoluta di complicanze, e la
  • durata dei risultati nel tempo.
  • Compito del clinico e del chirurgo nella delicata programmazione ed attuazione della roncochirurgia è di sceglier la zona giusta sulla quale intervenire, senza provocare danni, e fissare le tappe di questo iter, che a volte prevede passi successivi e sequenziali.

    Gli interventi otorinolaringoiatrici per il russamento di solito aggrediscono:

  • le cavità nasali,
  • il rinofaringe,
  • la faringe,
  • il palato e
  • le tonsille palatine.
  • Per il russamento sono previsti devices protesici odontoiatrici ad uso isolato o combinato con la chirurgia otorinolaringoiatrica ed interventi di chirurgia maxillo-facciale, atti ad ampliare le cavità aeree mediante ridimensionamenti ossei più meno complessi dello scheletro facciale.
    Interventi a carico di strutture più basse (quali ad esempio la base della lingua, etc) sono destinati a portatori di OSAS.